Gli allevatori zootecnici lamentano difficoltà nel settore

«L’allevamento oggi rende meno di ieri, che già rendeva poco». È la battuta che circola tra gli allevatori astigiani alle fiere zootecniche che in questo scorcio di fine estate hanno costellato la provincia.

L’ultima rassegna è stata quella di San Giorgio Scarampi, nella Langa astigiana, dedicata al castrato piemontese, una tipologia che, 13 anni fa, come lo stesso sindaco del paese, Marco Listello, ha detto ai giornalisti, «in piena mucca pazza, ha ritagliato uno spazio ad una carne che è una nicchia nel panorama zootecnico piemontese». Ma le nicchie, come si sa, contano fino ad un certo punto. Alla recente fiera del bestiame di Calamandrana più di un allevatore ha lamentato guadagni ancora troppo bassi.

In questo senso Confagricoltura Asti vuole focalizzare l’attenzione delle istituzioni e dei mercati sulla situazione di crisi della filiera zootecnica, soprattutto per quanto riguarda gli allevatori.

A questo proposito dice Ezio Veggia, vicepresidente nazionale di Confagricoltura, già presidente di Confagricoltura Asti, imprenditore zootecnico a Cocconato: «Parlo per quanto riguarda il comparto che conosco meglio, cioè quello avicolo. In questo settore la crisi sta picchiando duro, non solo a causa delle ripercussioni dell’impasse economico-finanziario, ma anche per il progressivo ritirarsi di grandi committenti che stanno preferendo filiere più vicine ai loro stabilimenti di produzione. È una crisi che si presenta ciclicamente a distanza di alcuni anni, ma che oggi, proprio in concomitanza dei problemi dell’economica nazionale, rischia di avere effetti peggiori che in passato».

Rocco Gilardi, allevatore di bovini con stalla a Villafranca d’Asti conferma: «Oggi vendere un capo vivo rende davvero poco. Siamo a meno di 4 euro al chilogrammo. Tariffe che non rendono giustizia al grande lavoro che sta dietro agli allevamenti zootecnici piemontesi, da sempre in prima fila per garantire genuinità, qualità e salute del prodotto che viene immesso sul mercato. Sforzi immani che non hanno un tornaconto economico adeguato da troppo tempo. Il rischio è che il salto generazionale restituirà un Piemonte più povero in termini di risorse zootecniche».

Una quadro non ottimista, in qualche modo sfumato dalle dichiarazioni fatte ai giornalisti, in occasione proprio della fiera di San Giorgio Scarampi, dall’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, Giorgio Ferrero.«È vero che storicamente l’allevamento non dà introiti adeguati e che i sacrifici a cui vanno incontro quotidianamente gli allevatori sono pesanti e non ben remunerati, tuttavia – ha aggiunto l’esponente della Giunta Chiamparino – è altrettanto vero che il Piemonte, in campo zootecnico, ha primati ed eccellenze indiscutibili che vanno valorizzati al meglio e con tutti gli sforzi possibili. Noi come Regione faremo la nostra parte con progetti che stiamo già vagliando. È in via di approvazione il nuovo Piano di sviluppo rurale, che dopo andrà a Bruxelles per l’ok definitivo. Sono previsti interventi per la sanità dei capi, l’ammodernamento degli allevamenti, per lo stato brado e per la qualità della carne».