Il volontariato non ha bisogno di feste, ma di amministrazioni che si battono per sostenerlo

Il dott. Mauro Stroppiana, impegnato da sempre, professionalmente in campo medico, fondatore di associazioni a carattere assistenziale e culturale, quali Admo Valli Belbo e Bormida e Memoria Viva, già presidente dell’Azione Cattolica diocesana e socio attivo di tante altre associazioni di volontariato, interviene a proposito del rapporto volontariato e politica: «Colgo l’occasione del flop della festa del volontariato di Canelli per fare una riflessione su politica e volontariato che ho in mente da tempo e non tocca solo Canelli.

1) Le feste del volontariato: perché si fanno e a chi giovano?

Ho partecipato a diverse di queste in città e in provincia. In genere si fanno per permettere al politico o all’arrivista di turno di mettersi in mostra. E le Associazioni partecipano… non per convinzione, ma per far piacere al potente del luogo. Il volontariato non sente l’esigenza né ha interesse per tali iniziative, che sono una fatica in più e danno uno scarso ritorno. Le motivazioni che spingono i volontari in piazza non sono tra le più nobili: “meglio non inimicarsi l’assessore”, “partecipiamo, altrimenti ci dicono che siamo contro” e così noi poveri volontari sudiamo in mezzo a spazi deserti e alla fine i Politici fanno la foto di rito per i giornali e si prendono il merito. Care associazioni: ma quando la smetteremo di farci usare per scopi diversi da quelli che ci competono?

2) I contributi alle associazioni sono un doveroso riconoscimento o un regalo della politica?

Ma vi pare normale che, sui giornali, le voci critiche del volontariato siano costrette a nascondersi nell’anonimato, per paura di perdere i contributi? La politica dice: “Ti dò i contributi, quindi devi aiutarmi a realizzare i miei obiettivi”. Ma i contributi non sono un regalo dei politici ai volontari per realizzare i progetti del Comune, ma un ringraziamento per il fatto che svolgono bene la propria missione.

E noi associazioni dobbiamo smetterla di tenerci buoni i politici, pur di realizzare i nostri scopi con tranquillità. Abbiamo una dignità o anche noi pensiamo solo alla nostra bottega?

I soldi che ci danno non arrivano dalle tasche degli amministratori, ma dalle nostre tasse. E loro ne sono “amministratori”, non “padroni”. E’ bene ricordarlo: a loro e anche a quella gente, che si interessa alla politica solo per ricevere elemosine in cambio di voti. Quindi nessuna associazione deve in qualche modo sentirsi condizionata dai contributi che riceve e non deve dir grazie a nessuno, se non ai cittadini che pagano.

3) Quale rapporto tra volontariato e politica?

Ognuno è libero di far politica, chi milita nelle associazioni è spesso sensibile e preparato alla vita sociale, per cui ben venga che i volontari si impegnino in politica. Ma senza impegnare le associazioni! E’ accaduto, e temo accadrà ancora, che importanti gruppi di volontariato abbiano dato un aperto sostegno alle future maggioranze, mettendo a disposizione la propria trama di associati. Se non ci fosse il condizionamento dei contributi, forse, sarebbe più facile impegnarsi personalmente in politica, ma lasciare fuori le associazioni, che sono di tutti e non di una parte. E nessuno ha il diritto di usarle. Mai.

4) Basta con la storia delle associazioni amiche e di quelle nemiche

Gran parte delle associazioni, se può dare una mano agli amministratori, lo fa ben volentieri. Non per sostenere un colore politico, ma perché ci teniamo alla nostra città a quindi aiutiamo i nostri amministratori, che sappiamo avere mille difficoltà e problemi. Quante volte lo abbiamo fatto! E lo faremmo ancora di più se sentissimo la politica vicina: il volontariato in Italia non ha bisogno di feste, ma di amministrazioni che si battono e si sbattono per sostenerlo, anziché non perdere occasioni per rinfacciare qualche centinaio di € di contributi. Fare regolamenti restrittivi, chiedere cauzioni, promettere pagamento della Siae, amplificatori, locandine… e poi lasciarci soli è creare fiducia?

E se si dice la propria opinione? Si diventa dei nemici, si viene accusati di essere politicizzati e si creano associazioni a propria immagine e somiglianza, come moderni Balilla, a sostenere la politica amica.

Siamo in quattro gatti, abbiamo mille difficoltà: invece di dividerci tra buoni e cattivi, non sarebbe meglio parlarsi ed ascoltare anche le voci dissonanti? Lavorare tutti per uno stesso scopo? Che non vuol dire fare la volontà del capo e nemmeno lasciarsi strumentalizzare, ma lavorare insieme per un progetto comune: ognuno con le proprie idee, rispettando i ruoli.

Più che dai politici, mi piacerebbe sentire una parola dalle associazioni, dai loro responsabili: di fronte a questi fatti non possono scegliere solo il silenzio o la connivenza. Siamo in grado di alzare la testa e dire, con educazione, ma con altrettanta chiarezza, che sono altri che devono ringraziarci e non noi che dobbiamo ingraziarci qualcuno? Siamo una risorsa e un servizio per tutti: nessuno deve trattarci come un drappello di manovali, un serbatoio di voti o una macchina per produrre consenso.»