Sciopero alla Canelli Wine Trading nell’attesa del pagamento dei salari

I problemi dell’ex cantina sociale di Canelli, o meglio, della Canelli Wine trading di via Buenos Aires, continuano. I dipendenti (una trentina) della consociata del gruppo, rimasta unica azienda attiva, hanno manifestato con tre giorni di timido sciopero (mercoledì e giovedì all’interno e venerdì fuori dell’azienda) nell’attesa che, lunedì 3 marzo, arrivino i salari di gennaio e febbraio, non ancora pagati. «Altrimenti, lunedì, continueremo l’astensione dal lavoro, insieme ai sindacati e Confcooperative, verso la cassa di integrazione straordinaria a partire da mercoledì prossimo».

Queste le prime battute a freddo, venerdì 28 febbraio, davanti all’ingresso della Canelli Wine Trading, in via Buenos Aires. Il discorrere si infervora: «In tutto questo c’è tanto di assurdo. C’è gente che da trent’anni, la storia di questa cantina l’ha vissuta con il sangue. Per questo la sentiamo come cosa nostra e cerchiamo di fare di tutto per farla ripartire».

Nel frattempo dall’ufficio dell’amministratore unico Roberto Marmo scendono alcuni dipendenti: «Noi arriviamo adesso da un incontro. Riprenderemo a trattare alle 15,30. Sarebbe bello aggiustarla, anche rimettendoci qualcosa. Riproviamoci ancora una volta».

«Eppure il lavoro (compreso quello per la produzione del Canei per l’olandese Baarsma) ci sarebbe, come ben dimostrano i due tir in partenza in questo momento. Diciassettemila bottiglie per ogni tir!».
«Quel che manca è la liquidità, pare, per mancati pagamenti da parte dei clienti».

In mattinata al picchetto hanno portato solidarietà anche il sindaco Marco Gabusi e gli amministratori comunali.
Della vicenda si stanno interessando Antonio Bastardi della Cisl e Dino Curcio per la Cgil: “I problemi erano già iniziati la scorsa estate, con la mancata corresponsione dei ticket restaurant – racconta Curcio – un segnale allora, poi complicato dal ritardo della tredicesima. Ora la situazione è davvero critica e complessa”.

La Canelli Wine trading è di proprietà al 51% della cantina sociale e per il restante di privati, tra cui la famiglia Marmo, Con la chiusura dello storico enopolio, i dipendenti sono stati spostati e si è continuato a lavorare senza licenziamenti. A fine gennaio sembrava stesse per arrivare un socio a rilevare una quota consistente, ma tutto finì nel nulla. Con tanti crediti, restano i conferenti che stanno per costituirsi in comitato.