La Caritas interparrocchiale di Canelli istituisce il Centro d’Ascolto

Decisivo l’incontro della Caritas Canelli, che si è svolto, giovedì 16 gennaio 2014, al Centro San Paolo. Una quindicina i partecipanti. Un importante nuovo servizio per chi si trova in difficoltà è stato istituito dalla Caritas interparrocchiale di Canelli che così, oltre a far funzionare il Centro di Accoglienza (attualmente con 7 ospiti, 5 italiani e 2 stranieri), ha avviato il progetto del Centro di Ascolto che avrà sede, momentaneamente, in piazza Gioberti 8.

Impegnativo l’ordine del giorno: valutazioni sulla costituzione del Centro di Ascolto; coinvolgimento di persone qualificate, preparate, sensibili e generose; coinvolgimento di associazioni, gruppi, imprenditori sensibili; ricerca di fondi e della loro gestione con un “fondo Caritas”; scelta e disposizione della nuova sede; definizione degli orari; particolare attenzione all’informazione, in lingue diverse, attraverso i giornali, le radio, il porta a porta; promozione della Caritas, da attuarsi nel prossimo mese (mini rassegna con film e presentazione del Rapporto Caritas sulle povertà 2013).

Il Centro d’Ascolto
Partendo dalla convinzione che la qualità dell’accoglienza può determinare la qualità della vita, la Caritas Canelli ha fondato il Centro d’Ascolto (referente don Pinuccio Demarcus).
Consiste in un importante servizio per immigrati e per tutte le persone portatrici di bisogni e criticità.

Il progetto è promosso con il sostegno della Caritas diocesana che si fa carico della formazione degli operatori e degli aspetti legali.
Si propone di:
– sensibilizzare la comunità locale,
– far funzionare il centro di ascolto,
– informare,
– orientare.

Non essendo un ufficio di collocamento, il centro si farà carico di un orientamento qualificato, con la valorizzazione delle competenze, delle capacità e delle pregresse attività lavorative. Molte richieste potranno essere soddisfatte, anche velocemente, altre no.

Per rispondere a questi bisogni, non serviranno atteggiamenti di “buonismo” o di paternalismo che non fanno altro che aumentare le distanze e relegano l’altro al ruolo di persona incapace di assumere responsabilità o operare delle scelte.

I dati dell’osservatorio della Fiocesi di Acqui dicono che la metà delle persone che si presentano ai centri di ascolto è formata da stranieri bisognosi di trovare un lavoro. “L’esperienza ci insegna – precisa il presidente diocesano Caritas, Giovanni Pistone – che la difficoltà nel trovare un’occupazione, spesso, nasconde bisogni più articolati di tipo sociale, nasce e si accompagna a un disagio esistenziale. In questo senso ci sembra importante cercare di accogliere questa domanda in modo più competente e qualificato, senza snaturare la sua vera identità”.

Il Centro Ascolto, si impone quindi la ricerca di risorse umane altamente qualificate come mediatori linguistico – culturali, operatori preparati all’ascolto, figure professionali specifiche (psicologi, avvocati, medici, commercialisti …)

“Oggi le persone hanno più bisogno di ascolto che di parole. Abbiamo imparato tutti a parlare, magari più lingue, e non siamo più capaci di ascoltare. Soltanto quando diamo ascolto all’altro con attenzione e non distratti, con pazienza e non di fretta, con meraviglia e non annoiati, acquistiamo il diritto e l’autorevolezza di parlargli al cuore” .

Un ascolto attento diventa un grande servizio e un effettivo aiuto. Il vero servizio che il Centro di ascolto può e deve offrire non è di segretariato sociale, ma di sostegno relazionale.

Il primo bisogno delle persone è quello di relazione, di appartenenza. Entrare in relazione presuppone una serie di predisposizioni: la curiosità, una grande passione per l’essere umano, la tolleranza, la forza interiore, l’empatia e la compassione, la disponibilità.

Dietro semplici richieste di aiuto materiale talvolta si nascondono vuoti di relazione, di affettività e di riferimenti certi. Persone che vengono da lontano e che hanno difficoltà ad inserirsi, famiglie con gravi difficoltà di rapporto, o colpite da problemi di cui si possono anche vergognare e che determinano isolamento sociale.

Rispondere al bisogno di appartenenza vuol dire offrire la possibilità di sentirsi parte di una comunità, significa offrire relazioni.
Ogni territorio è un sistema complesso sia per la qualità e quantità di risorse, ma anche per i bisogni che in esso si esprimono e si soddisfano. Problemi sociali che si risolvono attraverso le “Pari opportunità”, ovvero con l’opportunità di partire tutti dallo stesso punto verso le stesse prospettive di diritti e libertà.

All’interno del tema delle pari opportunità, ovvio focalizzare l’attenzione sulle nuove povertà legate al fenomeno dell’immigrazione. Abbiamo toccato con mano esodi di popoli colpiti dalla guerra, viaggi della speranza, uomini e donne abbagliati dal miraggio di una vita migliore, ragazze ingannate e poi vendute, la grande solitudine per la mancanza di una vita sociale. Bisogna modificare la percezione dell’immigrato, della sua famiglia, dei suoi bisogni, considerati come un qualcosa “al di fuori” della nostra società e della nostra vita.

In un territorio dove le povertà e i disagi sono prevalentemente affrontati con interventi di tipo assistenziale e di soddisfacimento di bisogni primari, il Centro di ascolto diventa una sfida, una frontiera, la cui portata pedagogica si misura anche dalla capacità di sensibilizzare la società affinché si conoscano i problemi e si possa maturare una maggiore corresponsabilità e condivisione. L’immigrato che si rivolge al centro di ascolto ha bisogno di sentirsi parte, di inserirsi nella società e nel momento che lo fa decide di uscire allo scoperto, si assume in un certo senso la responsabilità di esserci.

I dati dell’osservatorio diocesano dicono che circa la metà delle persone che si presentano ai centri di ascolto è straniera e presenta un bisogno lavorativo.

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