>> Per i Vignaioli, 1000 ettari in più di Moscato e uve Brachetto meno care

Al ristorante Gener Neuv di Asti, martedì 28 febbraio, in un incontro con i media, organizzato dalla Vignaioli Piemontesi, il direttore generale, Gigi Biestro e Paolo Ricagno, presidente della Cantina Sociale Vecchia Alice e Sessame, responsabile della sezione “Asti e Acqui” della Vp e presidente dei Consorzi dell’Asti e del Brachetto, hanno spiegato come Moscato e Brachetto dovrebbero  affrontare le prossime sfide di mercato.

Un mercato che, con la crisi della distribuzione, è passato dal periodo dell’‘Orologio’ (progetti validi anche con scadenza quinquennale)  a quello delle ‘Nuvole’  (progetti che cambiano ogni cinque minuti). Ed ecco la ‘moscatomania’ «cavalcata ormai da tutto il mondo, magari al ritmo di un rap, non accenna a diminuire – ha aperto Ricagno – Oggi il mondo beve dolce e meno superalcolici. A seguito di questo boom, Asti e Moscato docg hanno venduto oltre 107 milioni di bottiglie, ma nel  mondo si  stanno consumando due miliardi di litri di Moscato. Loro galoppano (dalla California alla Russia, dall’Oltrepo Pavese al Veneto, all’Emilia Romagna…) e si stanno attrezzando piantando ettari di moscato. Tant’ è che la vendita delle barbatelle  è cresciuta del 73% (4 milioni), con l’Oltrepo Pavese che ne ha comprate 2,5 milioni. E noi siamo bloccati. Che cosa intende fare il Piemonte che ha il moscato più buono del mondo?»

«Di tutto ciò noi – ha dichiarato Biestro – abbiamo parlato in otto incontri con i contadini, nelle zone interessate dell’Acquese e della Langa astigiana. Ci hanno detto che vogliono produrre di più e guadagnare di più». Le due proposte. «Noi abbiamo lanciato  due possibili iniziative, entrambe accolte da almeno il 95% dei partecipanti: aumentare di mille ettari il vigneto moscato sbloccando gli impianti nella zona classica in modo da esaudire le richieste del mercato e abbassare il costo delle uve brachetto per rilanciarne le vendite».

È questa, in sintesi la “ricetta” per governare la politica agricola che riguarda le filiere di Moscato e Brachetto da cui si ottengono vini docg (Asti, Moscato d’Asti e Brachetto docg) strategici per la viticoltura piemontese e italiana. «Di qui la necessità – ha proseguito Biestro –  di aumentare almeno del 10% il vigneto piemontese Moscato di circa 9700 suddivisi, magari in tre anni, tra le province di Asti, Alessandria e Cuneo, tenendo ferme le matricole agricole (il numero dei produttori), aumentando il reddito dei viticoltori (un ettaro di moscato oggi rende più o meno 12 mila euro) e dare così alle aziende spumantiere la materia prima necessaria per competere a livello internazionale e cavalcare la moscatomania imperante».

Ma c’è anche la necessità di rinnovare le viti di Moscato che in media oggi hanno tra i 25 e 30 anni, «il massimo di età vegetativa oltre il quale non si dovrebbe andare proprio per tutelare la qualità e la produzione dell’uva da parte dei contadini che dovranno reimpiantare – ha osservato Ricagno – Dunque più uva, più prodotto, mantenendo la qualità, prima che i nostri competitori italiani e stranieri ci scippino fette di mercato»

Per il Brachetto: «Siamo al palo. – ha ammesso Ricagno – Nel 2011 il rosso dolce docg che si produce tra Acquese e Astigiano ha venduto 5,5 milioni di bottiglie per il 90% in Italia e il 10% in America. Un mercato stabile, che fa temere. La crisi economica e della distribuzione stanno penalizzando il Brachetto che viene venduto a prezzi giudicati troppo alti. Ora, dopo anni di prezzi delle uve in ascesa (14 euro al miriagrammo), è venuto il momento di invertire la rotta. Le uve Brachetto devono costare di meno, le rese/ettaro (45 quintali) devono aumentare, un discorso da fare in sintonia con le industrie Spiace – ha concluso Ricagno –  che la Regione più vinicola d’Italia non si assuma le proprie responsabilità».

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