>> Museo Sconfienza, affascinante storia del mondo contadino familiare

Visitare il museo, più frequentato dagli stranieri che dai canellesi, in regione Dota, non sarà solamente un interessante avvincente percorso attraverso la vita del suo creatore, l’enologo Franco Sconfienza (del 1943, in pensione dopo 38 anni di lavoro, specificatamente nel mondo del Vermouth) e della sua famiglia, ma anche un affascinante brivido di storia canellese dalla fine del 1800 ai nostri giorni.

 “Queste cose mi piacciono troppo. E’ tutta roba mia, ereditata, non comprata sui mercatini, che ho messo insieme per poter meglio assaporare la storia mia e dei miei cari. Sono ricordi dei miei nonni agricoltori, di mio padre e zii bottai e del mio lavoro di enologo”.

Così inizia l’avvincente spiegazione del museo, partendo dalla bigoncia, più che centenaria, che dà il benvenuto, ai piedi della scala che sale nella vecchia cascina di ‘Ca del Pôpa’, dove il bisnonno, contadino, svolgeva anche il ruolo di paciere. Il carro su cui poggia la bigoncia, porta inciso il ‘libretto di circolazione’ con la portata (16 ql), la tara (4 ql) e le targhette relative al pagamento annuale della tassa di circolazione che, nel 1949, era di 500 lire.  Saliti nella cascina, coperta da capriate ‘piemontesi’ direttamente ricavate dagli alberi, si entra nel primo ambiente, la cucina, in mattoni crudi: attrezzi (piatti, bronzini, secchielli,  la ‘Còsa’, la conchetta per il pane, lumi a petrolio, il lavabo) appesi ai muri, sul buffet, sul camino, ognuno con una descrizione in dialetto, italiano ed inglese.

“Era l’ambiente della quotidianità, dove si mangiava, ci si lavava, si lavorava…”. Appesi, in bella vista, il violino del nonno contadino, Ercole Cortese, il contratto e la prima bolletta (1945) della Piemonte Centrale Elettrica, esercizio di Acqui a lui intestati. In una parete, ci sono le fotografie e i giornali con tutte le più disastrose  alluvioni di Canelli del secolo scorso, a cominciare da quella del 23 agosto 1910 con due giovani lavoratori morti, del 16 maggio 1926, del 4 e 9 settembre 1948 con un morto, del 10 novembre 1951, quelle  del 2 novembre 1968 e l’ultima del 5 novembre 1994 con tre morti. Sulla scrivania,  in evidenza, il libro mastro (del 1932), vidimato dalla Pretura con le paghe, la corrispondenza, i contratti della ditta Sconfienza Fratelli di via Molinetto (oggi via Michele Pavia), la ben avviata azienda di botti, cestoni per bottiglie, ‘canavette’, rivestimenti in vimini per le damigiane che il padre e gli zii avevano messo su.

Nel secondo ambiente, in bella vista, gli attrezzi agricoli del primo Novecento, come  le falci, i rastrelli, zappe particolari, chiodi forgiati a mano, un aratro in legno, attrezzi per ‘salassare’ la vite che “così, evitando la cascola dell’apparato riproduttore, produceva di più, ecc.”. Accolti da una grande e bella fotografia aerea del 1935 con la riproduzione dell’azienda, si entra nella terza sessione con tutti gli attrezzi che servivano alla fabbricazione e riparazione delle botti: ‘la sola’ da 4/5 chili per la pulizia interna dei fusti, martelli e ‘angasau’ per la battitura dei cerchi in ferro e legno, una trentina di pialle concave, convesse, sinistroidi e destroidi, la macchina da chiudere i fusti, le ‘sgorbie‘ per il foro di cocchiume, incudine, punteruoli, ecc.

Ed è così che si passa nel terzo ambiente del museo, pieno di strumenti che hanno segnato la vita di Franco enologo, con particolare  vocazione alla produzione del Vermouth. In bella evidenza la pompa a leva e quella a bilanciere per il travaso dei vini,  costruite dalla ditta G. Camurati di Canelli, la tappatrice ‘Tirrena’, una serie di filtri in rame degli anni trenta, ecc. Franco si sofferma su alcune curiosità del passato: “Mi raccontava la nonna che, all’inizio del secolo, i numerosissimi bottai erano molto ben pagati e lavoravano fino a 10/12 ore al giorno, ma per soli tre/quattro giorni alla settimana, perché gli altri li dedicavano alle baldorie”.

“Questa cartolina  del 1945 ricorda come i miei fossero ‘precettati’  a consegnare a Cortese Carlo (Curteisen) in tre periodi dell’anno (aprile, luglio, ottobre) cento uova. Se le uova non venivano consegnate nel tempo stabilito, “c’era l’ammenda di 30 lire (!) per ogni uovo non consegnato. E non va  dimenticato che, nel 1944, i miei nonni erano anche obbligati a consegnare la paglia”. Una visita al museo, gratuita, è d’obbligo. Tanti oggetti che fanno rivivere la vita di una famiglia e di un paese che Franco Sconfienza ha provato a fissare per sé, per i canellesi e gli stranieri che nella figlia Cristina trovano un’ottima interprete in lingua inglese.