>> Il sogno di Gian Carlo Caselli: un paese normale

“Una delle tante anomalie che caratterizzano il nostro Paese e lo differenziano dal resto dell’Europa è che da noi, alcuni funzionari sono costretti a vivere perennemente scortati”. E’ con questa  sofferta apertura che il Procuratore capo della Corte d’Appello di Torino, Gian Carlo Caselli, ha iniziato la presentazione del suo rigoroso e lucido libro ‘Assalto alla giustizia’ ai numerosi soci del Rotary Club Canelli – Nizza Monferrato (Piero Montaldo presidente), lunedì 30 gennaio, al ristorante Grappolo d’oro di Canelli.

Sconcertante! Un Magistrato che, da più di trent’anni, rischia la vita per lo Stato, vittima di un’assurda legge ad personam, Procuratore capo di Torino, giudice di indagini sul terrorismo, Procuratore di Palermo dal 1993 al 1999, ha quasi sentito il bisogno di ‘difendersi’ dalle sconcertanti scritte al suo indirizzo (‘Torturatore’, ‘Fascista’, ‘Mafioso’) comparse, il giorno prima, sui muri della sua Torino, nel giorno della protesta No Tav. Questa è l’Italia di oggi!

“Berlusconi non è più capo del governo, ma le tossine sparse nella società italiana in questi anni (dal 1994) resteranno a lungo – ha incalzato Caselli – Restano i suoi epiteti contro i magistrati più rigorosi: golpisti, malati di mente, eversivi, cancro da estirpare. E, ancor più, resta l’impegno in Parlamento per le ‘sue’ riforme della giustizia: il processo prima ‘breve’ e poi ‘lungo’, la ‘prescrizione breve’, la separazione delle carriere”.

In particolare Caselli si è soffermato a contrastare l’ossessivo ripetuto slogan contro i ‘Magistrati politicanti’. “Se c’è una stagione in cui la Magistratura non è politicizzata è proprio la nostra”.

A riprova, a dimostrare come la Magistratura risultasse in “perfetta sintonia con il corpo separato dallo Stato” ha ricordato come  tanti  infortuni sul lavoro venissero attribuiti a “frutto  di fatalità”, come “la mafia non esistesse”, come l’ ‘Armadio della vergogna’ sulla Resistenza sia rimasto nascosto, chiuso con i 695 fascicoli che i carabinieri avevano raccolto   e come, “dopo 50 anni si facciano condanne retoriche, e, per salvare la faccia, vengano catalogate come ‘Archiviazione provvisoria’”.

Insomma “il magistrato, anche senza rendersene conto, faceva riferimento all’altro Stato e non alla Costituzione”. Con il caso Montedison (scaricava veleni in mare), arrivarono i cosiddetti ‘Pretori d’assalto’ che “fra i denti avevano solo il libro della Costituzione e che iniziarono a chiamare ‘reato’ i danni recati ai pesciolini, ai più deboli. E fu così che qualcuno cominciò a definire i magistrati ‘politicizzati’. La più grande anomalia del nostro Paese”.

E qui Caselli ha ricordato come Bill Clinton, l’uomo più potente del mondo, umiliato e turbato, non abbia emesso una sillaba contro il giudice che gli chiedeva un suo campione organico. E come, invece, in Italia, Berlusconi sia riuscito ad infilare i suoi avvocati in Parlamento, a non  fare risultare reato il falso in bilancio, a far decantare alcuni processi con leggi ad personam… “Con l’unico obiettivo di ridurre l’indipendenza della Magistratura e consegnare al potere politico il controllo delle indagini. L’assalto alla giustizia scatenato nel 1994 non è finito ed i suoi effetti rovinosi possono resistere a lungo”.

Ed ecco perché una parte consistente del libro è riservata “al silenzio e alla parte umida e fragile dell’opposizione”, oltre che ad ognuno di noi: “ogni giorno non mancano esempi di  vulnus, con l’idea tutta italiana di una giustizia à la carte, valida per gli altri, ma mai per sé”. Il libro, edito dalla Melampo, prefazione di Andrea Camilleri, 160 pagine, 16 euro, si compone di nove capitoli, preceduti dalle prese di posizione di personaggi come Berlusconi, Vittorio Sgarbi, Gianni Baget Bozzo, Marcello Dell’Utri, Giorgio Stracquadanio, Joe Santelli (tutte da leggere e ricordare  bene) e tre appendici. ‘Assalto alla giustizia’, un libro imperdibile, rigoroso, lucido, intelligente, chiaro, appassionato, scritto non  da un giornalista, ma da un uomo di legge. Un libro scritto in difesa della Magistratura e della Giustizia, mai “pro domo mea” e senza mai “fasciare il magistrato del tricolore”.

(a cura di Beppe Brunetto)

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