>> Dimissioni dal Consorzio di Tutela dell’Asti: in caduta libera

Continuano a motiplicarsi, da qualche giorno, le dimissioni dal Consorzio di Tutela dell’Asti che, questa mattina, ha annunciato una conferenza stampa per mercoledì  29 dicembre, alle ore 16, nella Casa dell’Asti.

Una vera e propria caduta libera. In data odierna, 23 dicembre, si è avuta infatti notizia delle ultime cinque dimissioni: Falchetto di Forno di Santo Stefano Belbo, Bona Massimo di Castiglione Tinella, Cascina del Santuario di Bruno Soria di Castiglione Tinella, La Morandina di Castiglione Tinella, Michele Chiarlo di Calamandrana.

Pure cinque le aziende agricole dimissionarie di ieri, mercoledì 22 dicembre, i Vignaioli di Santo Stefano Belbo (di cui fanno parte i Santi, i Fratelli Scavino e i Ceretto), Ca’ ed Gal di Boido Alessandro di Santo Stefano Belbo,  Bocchino Giuseppe di Canelli, Cascina Barisel di Penna Franco di Canelli, Mario Domanda di Calosso.

Quattro quelle di martedì 21 dicembre: Giovanni Satragno di Loazzolo, presidente della Produttori; Paolo Saracco di Castiglion Tinella, presidente della Moscatellum; Roberto Sarotto, vinificatore e produttore di Moscato, sindaco di Neviglie; Ignazio Giovine dell’Armagia di Canelli.

Salgono in tutto a 18 se si contano anche quelle, di alcuni mesi fa, di: Gancia, Martini Rossi, Cantina sociale di S. Stefano Belbo e Fontanafredda.

“Stiamo distruggendo un patrimonio costruito in anni di lavoro. – dichiara l’enologo Michele Chiarlo di Calamandrana che esporta in oltre 50 Paesi del mondo, con una crescita del 25% nell’ultimo anno – Sono più di vent’anni che vado in America per promuovere il Moscato nella ristorazione. Sarebbe il  momento giusto per consolidare un prodotto diverso e unico e invece ci intestardiamo a produrre grandi volumi. Liberalizzazione selvaggia, grossi volumi a bassi prezzi… Compito del Consorzio sarebbe quello di tutelare l’immagine e il prestigio.

Noi ci sentiamo liberi e non ci riconosciamo nella politica dei volumi. Non vogliamo essere corresponsabili di queste scelte. Quindici giorni fa abbiamo votato contro in Consiglio e stamattina abbiamo consegnato le dimissioni. Ci hanno chiesto se vogliamo rientrare. Potrebbe anche essere, ma a determinate condizioni.

Da 6 milioni di bottiglie di Moscato a tappo raso, quest’anno siamo arrivati a 20 milioni, di cui quasi 15 milioni di bottiglie vendute a prezzi bassi (2,10/2,20 euro). Questa loro scelta già fatta con l’Asti spumante, la vogliono applicare anche al Moscato. Invece che aumentare la resa (144 qli/h) e ampliare gli impianti, perché non aumentare i prezzi?
Al momento, risulta che altre due cantine e l’azienda Rivetti della Spinetta (produttrice storica con la quale siamo andati oltre Oceano a promuovere il Moscato) vogliano distaccarsi.

Se la fuga dal Consorzio continuasse, potrebbe derivarne qualche problema anche sulla quota del 66% di rappresentanza (attualmente pesano sulla quota gli ettari di vigneti e la quantità di bottiglie) della filiera.”

“Non possiamo prevedere – conclude Chiarlo – che cosa succederà dopo, ma anche i consumatori, a livello mondiale, di grandi vini bevono volentieri il nostro Moscato.”

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