>> Esce opera postuma di mons. Galliano su don Giuseppe Celi

Esce in libreria l’opera postuma di monsignor Giovanni Galliano, deceduto il 6 febbraio 2009, a 95 anni, ad Acqui Terme “Don Celi sorprende – La vita, le opere, gli insegnamenti di un vero figlio di don Bosco”, edito dalla tipografia Arti grafiche M.A.R. di Castelnuovo don Bosco, l’ultima fatica letteraria di un autore prolifico.

Verrà presentato venerdì 29 ottobre, alle ore 21, da Don Piero Lecco allievo di Don Celi, ad Acqui Terme, a Palazzo Robellini in piazza Levi, e sabato 6 novembre alle ore 10,15  dal prof. Umberto Eco, allievo di don Celi  (suonava nella banda dell’Oratorio Don Bosco di Nizza Monferrato). Nella stessa mattina di sabato 6 novembre, avrà luogo la cerimonia ufficiale del ‘ritorno’ (dopo una decina d’anni) del monumento a Don Bosco, in piazza don Bosco, all’inizio del viale.

Don Celi è stato l’animatore dell’oratorio salesiano di Nizza Moferrato per ben  cinquantaquattroanni, dal 1941 al 1995: qui ha realizzato al meglio la sua missione sacerdotale nello spirito di don Bosco: nella città di Nizza, e non solo, ha lasciato un’impronta indelebile e un ricordo ancora oggi molto vivo.

L’iniziativa del libro è di un gruppo di oratoriani, in primis Luigino Torello, Roberto Carrara e Renato Bevione, che hanno proposto a Monsignor Galliano la stesura dell’opera, accettata da lui e portata a termine con entusiasmo e, dopo la morte dell’autore, ne hanno seguito l’iter fino alla pubblicazione.

Giuseppe Celi nacque a Terrassa Padovana, un piccolo centro della Bassa Padovana, non lontano dai Colli Euganei, il 23 marzo 1908, da famiglia di mezzadri, gente usa alla fatica, alla sopportazione e all’umile rassegnazione. Retto da una salda moralità contadina, dalla fede in Dio e dalla fedeltà alla famiglia, un giorno lasciò i campi e la famiglia per raggiungere a Casale l’Aspirantato Salesiano, dove cominciò l’iter del “prete”.

Il 4 luglio 1937 fu ordinato sacerdote. Nello stesso anno fu inviato a Vercelli. dove ebbe l’incarico di maestro elementare, di maestro di musica e di Direttore dell’Oratorio. I tre anni nei quali rimase a Vercelli furono ricchi di entusiasmo, di impegno, di fatica, di condivisione.
La scuola elementare era gestita insieme alla Figlie di Maria Ausiliatrice che insegnavano in alcuni classi. La formazione dei ragazzi delle elementari, la musica e tutte le attività sportive, ricreative e formative dell’Oratorio erano nelle sue mani.
Da Vercelli giunse a Nizza, nel settembre 1941, dove resterà fino alla fine della sua vita terrena.

<<L’entusiasmo e l’energia di Don Celi – ricorda il Prof. Luigi Fontana – entrano come un vortice nel cortile dell’Oratorio salesiano (di cui per ben cinquantaquattro anni, dal 1941 al 1995, è stato l’animatore), dove, ancor oggi, le sue opere e i suoi  insegnamenti parlano di lui come di un vero figlio di don Bosco.

Il parco giochi si arricchisce e nel porticato si aprono sale per adunanze, per giochi e per proiezioni. La chiesa, abbellita di artistiche statue, lo vede celebrante, organista e talora anche sacrestano. Il campo sportivo viene adeguatamente attrezzato e diventa sede d’importanti incontri calcistici.

Il teatrino si fa dignitosissimo teatro con un bel palco ed è oggi palestra della bella Compagnia “Spasso Carrabile”. Prodotto aureo dell’imprenditorialità educativa di Don Celi, la Banda Musicale O.S.A., che ha avuto un genis illustre, Umberto Eco.

Il suo impegno salesiano lo portò a farsi carico d’ogni sacrificio, anche ad umiliarsi per il bene dei suoi giovani. Era possibile vederlo nell’ufficio o nel laboratorio d’un benefattore, con l’aria dimessa del questuante per il bene dell’Oratorio o per quello di qualche oratoriano. Ricordiamo, pure quanti sono i giovani nicesi che hanno avuto una stabile occupazione di lavoro grazie alla “questua” di Don Celi, per il suo benevolo intervento? Durante la guerra entrò negli uffici di Comandi militari, negli uffici pubblici, dovunque potesse compiere la sua “missione” di protettore dei giovani. E Don Celi fu un missionario in Patria.

Come Don Bosco non volle compromissioni con la politica, dalla quale si distinse con le stesse parole del Santo Fondatore, che alle sollecitazioni del Marchese Roberto d’Azeglio che lo invitava ad intervenire ad una pubblica manifestazione politica, rispose: “Mi inviti a qualcosa dove il prete possa esercitare concretamente l’amore del prossimo e mi vedrà pronto a sacrificare tutto ciò che possiedo, anche la vita. Ma io voglio essere ora e sempre estraneo alla politica”.

Estraneo alla vita politica Don Celi, ma non all’impegno civile che comportasse la sua ‘veste’ di prete. Fu presente, senza interessati coinvolgimenti, nelle attività cittadine e fiancheggiatore dei Parroci, fu cappellano delle Suore, visitatore degli infermi in casa e in ospedale; insegnò religione nelle Scuole Pubbliche e partecipò ad attività benefiche. Lo si poteva trovare dovunque: in città, all’Oratorio, in chiesa; vi poteva passare accanto su un’adusata bicicletta o, a velocità sostenuta, su una macchina. Fu costruttore di muri, muri del cortile, muri del teatro, muri del campo di calcio; e molti ne limitarono l’operosità a questo aspetto manuale, ma Don Celi fu, come è stato ben detto, soprattutto costruttore di anime.

… Un giorno mi capitò di veder passare in bicicletta un sacerdote, con una tonaca non certamente da cerimonie, con uno strano copricapo, che faceva forza sui pedali d’una bicicletta non di prima scelta. Chiesi chi fosse. “Il Direttore dell’Oratorio, Don Celi” mi dissero. Restai deluso: i direttori di collegi e di oratori che avevo conosciuto nella mia infanzia avevano altro allure.

Lo rividi all’Oratorio muoversi con quel suo passo ondante, ma sicuro, con la tonaca sporca di calce, con cazzuola e mattoni, e pensai: “Ecco uno di quei Salesiani che esauriscono la loro imitazione di Don Bosco nell’erigere muri e ricercare benefattori per le loro opere murarie”. Lo scatto verso la benevolenza non tardò.

Lo osservai attentamente, quando se ne stava in disparte con sincera modestia o poco discosto dai capannelli; prestai attenzione alle sue prediche “venete”, dopo un noviziato per cogliere pienamente quello che diceva, e scopersi che dietro quel suo sorriso buono e afono, dietro quel suo parlare chiedendo quasi scusa, c’era una dedizione saldissima alla causa dei giovani, un affetto non smanceroso che meritava ricambio, una vocazione sacerdotale esemplare. Quel piccolo salesiano d’acciaio era una fucina d’idee e un turbine d’azione>>.

Don Celi è morto il 12 marzo del 1995 nel suo Oratorio di Nizza Monferrato. Nel 2006 sono state raccolte firme per proporne la canonizzazione.

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